Grandi Specchie nel Salento con riferimento al territorio di Salve
di Nicola Febbraro e Marco Cavalera
Le grandi Specchie nel Salento. Premessa
Il termine specchia[1], in Puglia, è usato indistintamente per definire qualsiasi manufatto che si presenta come un accumulo informe di pietre e terra. Le specchie, in realtà, hanno una struttura interna eterogenea che ne suggerisce un’origine ed una destinazione d’uso altrettanto diversificate.
Fig. 1 – Specchia Silva nel territorio di Taurisano.
Numerosi sono gli studiosi che, a partire dal XIX secolo, si sono interessati al fenomeno delle grandi specchie, molte delle quali sono state nel tempo smantellate[2].
Gli studi degli storici
De Giorgi – che ha ritenuto le grandi specchie dei monumenti megalitici, così come i dolmen e i menhir – ne ha censite, in Terra d’Otranto, 143[3]. Lo studioso ha rilevato che quelle presenti nel Salento meridionale sono localizzate per lo più in aree dominanti, tali da permettere un’ampia visuale. De Giorgi – inoltre – ha sottolineato che tutte le grandi specchie sono collegate a vista fra loro, così da dare l’idea di essere state concepite come un organico sistema difensivo[4].
Jatta – i cui studi sono da riferire agli inizi del XX secolo – considerava le grandi specchie dei monumenti d’età storica. Lo studioso è stato il primo ad effettuarne una distinzione cronologica e funzionale in piccole e grandi specchie, intendendo in questo ultimo caso quelle il cui diametro poteva raggiungere i 35 metri e la cui altezza era compresa, generalmente, fra i 15 e i 20 metri. Jatta – infatti – ha ritenuto che le grandi specchie siano state edificate a scopo sia difensivo che di controllo del territorio. Riguardo alle piccole specchie – invece – lo studioso ha ipotizzato che si sia trattato di monumenti eretti a scopo funerario[5].
Drago – nel corso degli anni ’40 del secolo scorso – riprese la teoria, proposta da Jatta, secondo la quale occorreva fare una distinzione, dal punto di vista cronologico e funzionale, fra piccole e grandi specchie. Lo studioso procedette allo scavo di tre grandi specchie e di diverse piccole specchie. Dallo scavo delle prime non emersero né ossa umane né manufatti, motivo per cui giunse alla conclusione che non si trattava di monumenti funerari. Lo studioso, a proposito delle piccole specchie, ha osservato che la loro diffusione riguarda tutta la Puglia mentre le grandi specchie sono ubicate esclusivamente nel Salento. Drago – nel 1941 – ha scavato undici piccole specchie (i cui diametri oscillavano fra i 15 e i 30 metri e le cui altezze non superavano i 2-2,5 metri) situate in territorio di Vernole (Le). Lo scavo permise di individuare delle celle dolmeniche con dromos (corridoio) di accesso al cui interno vi erano delle sepolture e dei reperti archeologici: frammenti ceramici ad impasto, manufatti in selce ed in bronzo, frammenti di ossa umane (talvolta bruciate) ed alcuni resti ossei pertinenti ad un fanciullo e ad un individuo adulto rannicchiato. Tali monumenti sono stati attribuiti all’età del Bronzo (II millennio a.C.)[6].
Neglia, a proposito dell’originaria funzione e cronologia delle grandi specchie, è giunto alla conclusione che si tratta di apprestamenti difensivi di età messapica (I millennio a.C.). Lo studioso, a tal proposito, ha osservato che alcune di esse sono disposte in cerchio attorno ad alcuni centri messapici (Rudiae, Ceglie, Ugento e Oria) a mo’ di anello difensivo avanzato rispetto alla linea delle fortificazioni[7].
D’Andria afferma di aver osservato in una sezione del riempimento della Specchia dei Mori a Martano, opera di scavatori clandestini, la presenza di ceramica medievale[8]. Lo stesso – inoltre – afferma che anche la Specchia Schiavoni (Manduria) conteneva, nel riempimento di pietre e terra, dei frammenti di vetro e ceramica sigillata d’età romana. Lo studioso – pertanto – giunge alla conclusione che le grandi specchie presenti nel Salento sono delle costruzioni d’età medievale[9].
Arthur, come D’Andria, ritiene le grandi specchie dei monumenti d’età normanna, avendo rinvenuto all’interno di due di esse (Specchia Torricella a Supersano e Specchia di Pozzomauro a Presicce) dei frammenti di ceramica invetriata (cosiddetta a vetrina verde) prodotta localmente[10].
Fig. 2 – ruderi della Specchia Torricella (Supersano). Foto del 24 marzo 2009.
Le ipotesi avanzate riguardo ad un’esatta definizione della funzione e della cronologia delle grandi specchie – come visto – sono molteplici e spesso discordanti, cosicché non si è ancora giunti ad una conclusione unanimemente condivisa.
Lo studio etimologico del termine, unitamente all’ubicazione di molte di esse in luoghi elevati dai quali poter dominare ed osservare il territorio circostante o il mare, suggerisce che si sia trattato di monumenti eretti a scopo di avvistamento e difensivo e non funerario. Più problematica, in assenza di dati materiali, è la definizione della loro cronologia. Lo loro realizzazione – comunque – potrebbe anche essere avvenuta secondo modalità e tempi differenti.
Fig. 3 – Specchia “de Amygdalis” nel territorio di Specchia.
Grandi Specchie nel territorio di Salve
Aldo Simone, storico salvese, a proposito di grandi specchie scrive che “In feudo di Salve ve n’erano alcune: una esiste ancora, un po’ dimezzata, nei pressi della nostra spiaggia (Posto Cantoro), un’altra stava nella macchia della masseria Specolizzi ed attualmente distrutta; ma la più grande era quella della masseria Cucuruzzi, detta anche la specchia dei Fersini”[11]. Fra le grandi specchie esistenti in feudo di Salve la sola Specchia Cantoro è presente negli elenchi stilati da De Giorgi, Teofilato e Palumbo[12] ed è citata – inoltre – da Passaseo[13] in un suo studio.
La Specchia dei Fersini o Cucuruzzi
Fig. 4 – Specchia dei Fersini o Cucuruzzi (foto N. Febbraro).
In località Cucuruzzi, a breve distanza dalle Masserie Spiggiano (Presicce) e Fersini (Salve), sono stati individuati i ruderi della Specchia dei Fersini o Cucuruzzi. La specchia sorge su un altopiano della Serra Falitte ad un’altitudine s.l.m. pari a 142 metri. Dalla sua sommità si domina visivamente un vasto territorio. La Specchia dei Fersini dista circa 2 Km da quella di Pozzo Mauro, ubicata sull’omonima serra in territorio di Presicce, con la quale è collegata visivamente.
Simone, a proposito della Specchia dei Fersini, scrive che “non è rimasto più nulla: hanno portato via tutto l’ingente materiale per costruzione di massicciate stradali, di vespai e di altro”[14]. La specchia, in realtà, ha sì subito un notevole asporto di materiale, considerando quelle che dovevano essere le sue originarie dimensioni, ma della stessa se ne è conservato un rudere che, delle tre presenti in territorio di Salve, è il più significativo.
La Specchia di Spigolizzi
Fig. 5 – Specchia Spigolizzi.
Sulla dorsale della Serra Spigolizzi, a circa 100 metri ad est dall’omonima masseria, sono stati individuati i ruderi della Specchia di Spigolizzi. Questa ultima è ubicata sul ciglio del margine orientale della Serra a circa 105 metri s.l.m. Simone scrive che “stava nella macchia della masseria Specolizzi ed attualmente distrutta”[15]. Dal ciglio della serra, sul quale è ubicata la specchia, si domina visivamente un ampio territorio tanto verso il mare che verso l’entroterra dove è collegata a vista con la Serra di Pozzo Mauro e con l’omonima specchia.
La Specchia di Spigolizzi ha subito dei notevoli rimaneggiamenti agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso quando, in occasione della costruzione della strada rurale che lambisce l’omonima masseria, dalla stessa è stata asportata una grande quantità di materiale lapideo. I ruderi della specchia hanno subito delle regolarizzazioni da parte di Norman Mommens che, nel corso dei primi anni ’70, ne ha conferito l’attuale forma tronco-conica.
La Specchia Cantoro
Fig. 6 – l’originaria maestosità della Specchia Cantoro (archivio G. Palumbo, Museo Castromediano Lecce).
In località Macchie Cantoro, alla periferia di Posto Vecchio, sono stati individuati i ruderi della Specchia Cantoro (32 metri s.l.m.). Questa – come detto – è stata censita da Teofilato e da Palumbo. Simone scrive che si “presentava un po’ dimezzata”[16] mentre Passaseo ci fa sapere che “la Specchia Cantoro è diventata nel corso dei secoli un grande ammasso di pietre e oggi, purtroppo, non c’è più essendo stata smantellata alla fine degli anni ’50 per la costruzione di un tratto di strada litoranea”[17]. Della specchia, in realtà, si sono conservati dei ruderi che, sebbene siano poco significativi, rendono l’idea della sua originaria maestosità e permettono – inoltre – di ubicarla esattamente.
Lo smantellamento della Specchia Cantoro è da far risalire al 1960 quando, in occasione della realizzazione della massicciata del tratto di litoranea che collega Torre Pali a Torre Vado, ha fornito una grande quantità di materiale lapideo[18].
Fig. 7 – rudere della Specchia Cantoro visto da ovest (Foto N. Febbraro), nel 2007.
Tratto da:
Febbraro N. e Cavalera M., Il fenomeno salentino delle grandi specchie con particolare riferimento al territorio di Salve, in Annu Novu, Salve Vecchiu, XVII edizione, pp. 29-42, Alessano (Le) 2007.
N. Febbraro e M. Cavalera “Il fenomeno delle grandi specchie nel Salento centro-meridionale e nel territorio di Salve“, in “Archeologia del Salento. Il territorio di Salve dai primi abitanti alla romanizzazione“, a cura di N. Febbraro (Libellula Edizioni, 2011, prima ristampa luglio 2015).
Bibliografia
Arthur P., Tra Giustiniano e Roberto il Guiscardo. Approcci all’archeologia del Salento in età bizantina, in Gelichi S. (a cura di) I Congresso Nazionale di Archeologia Medievale (Pisa, 29-31 maggio 1997), Firenze 1997.
Cipolloni Sampo’ M., Manifestazioni funerarie e struttura sociale, in Scienze dell’Antichità, Storia Archeologia Antropologia, Vol. 1, pp. 55-119, 1987.
Corsini L., Salento megalitico, Taviano (Le) 1986.
D’Andria F., Insediamenti e territorio: l’età storica, in I Messapi: Atti del XXX° Convegno di studi sulla Magna Grecia (Taranto-Lecce 4-9 ottobre 1990), pp. 393-478, Taranto 1991.
De Giorgi C., Specchie in Terra d’Otranto, in Riv.Stor.Sal., anno II, n° 7-8, Lecce 1905.
De Giorgi C., Descrizione Fisica Geologica e Idrografica della provincia di Lecce, pp. 219-228, Lecce 1922.
Neglia G., Il fenomeno delle cinte di ‘Specchie’ nella penisola salentina, in Società di Storia Patria per la Puglia, Documenti e Monografie, vol. 35, Bari 1970.
Passaseo N., Grotte-abitazione nel territorio di salve, in Annu Novu, Salve Vecchiu, IX edizione, pp. 15-18, Galatina (Le) 1995.
Peroni R., L’Italia alle soglie della storia, Bari 2004.
Rohlfs G., Dizionario toponomastico del Salento. Prontuario geografico, storico e filologico. Ravenna 1986.
Simone A., Salve. Storie e leggende, Milano 1981.
https://www.associazionearches.it/la-specchia-de-amygdalis-di-specchia/
https://www.associazionearches.it/il-fenomeno-dei-dolmen-nella-puglia-meridionale/
Note
[1] Specchia: frequente toponimo usato nelle province di Bari, Lecce e Taranto. Salentino specchia “grande cumulo di sassi o di pietrame di forma tondeggiante” dal latino specula “luogo alzato”, “posto di guardia” (Rohlfs 1986).
[2] A partire dagli anni ’50 del secolo scorso sono state distrutte numerose grandi specchie. Lo smantellamento è stato dovuto alla crescente richiesta di materiale lapideo in conseguenza del notevole sviluppo di opere edilizie e stradali. Gli spezzoni informi di pietra calcarea – inoltre – sono stati utilizzati per l’ottenimento di calce (Neglia 1970).
[3] De Giorgi 1922.
[4] De Giorgi 1905.
[5] Corsini 1986.
[6] Cipolloni SampÓ 1987.
[7] Neglia 1970.
[8] D’Andria 1991.
[9] D’Andria 1991.
[10] Arthur 1997.
[11] Simone 1981.
[12] Neglia 1970.
[13] Passaseo 1995.
[14] Simone 1981.
[15] Simone 1981.
[16] Simone 1981.
[17] Passaseo 1995.
[18] Passaseo 2005.